Interviste

MINI- FESTIVAL DELLA LETTERATURA AL FEMMINILE

MINI-FESTIVAL DELLA LETTERATURA AL FEMMINILE

L’arte è un viaggio, attraverso il quale il presente si riflette sul passato, lo attraversa per proiettarsi nel futuro.

Perché viene proposto un festival della letteratura al femminile?

La risposta è semplice, “per festeggiare la giornata Internazionale della donna”.

È necessario aggiungere però, che dietro la motivazione c’è una grande passione per la letteratura e l’arte in generale, oltre a un intento di fondo di condivisione. La condivisione però, è spesso complessa e comporta non poche difficoltà nel mondo dell’arte.

Questo mondo è frequentemente preso da smanie di procrastinare il proprio “Ego” e di protagonismo. Pertanto, davanti a tale difficoltà, noi tutti, abbiamo deciso di ascoltarci, di usare le nostre risorse, e le nostre diversità come ricchezza, per portare agli altri il nostro mondo e le nostre passioni. Insieme, abbiamo convenuto di decifrare un codice unico, per arrivare al cuore delle persone che ci ascolteranno, nel modo più scorrevole e trasparente possibile.

L’intento di tutti gli artisti di questo Festival è quello di emozionare per emozionarsi, a vicenda. Quindi, alla domanda “Ha senso investire tante energie per unirsi nell’arte?” Rispondo non con uno slogan costruito in modo artificioso, ma con un’altra domanda che richiede un mutamento di prospettiva: “Se per costruire si fatica, ma se dopo la fatica, si danza per la gioia di esserci riusciti, perché no?”

Nella scrittura contemporanea non sono presenti solo le memorie, i sentimenti e le emozioni di coloro che scrivono, ma ci vogliono estese radici di risonanza con la realtà, per portare alla luce la crescita naturale che comporta lavorare insieme e incastrare le diverse rappresentazioni simboliche degli artisti, in modo che la loro proposta avvicini il cuore degli altri. Per coinvolgere le persone non coinvolte direttamente, è necessario che queste possano riconoscere un’affinità genealogica fra quel che è proposto e il loro vissuto. È necessario che gli artisti, nell’insieme, possano dare le coordinate adatte a leggere l’assioma estetico di una proposta, anche se variegata, unica.

In questo tempo d’indotta crisi culturale, di divisione e individualismo, l’originalità deriva dal sapere stare “Insieme”, dal sapere porre davanti a tante cose l’espressione creativa, per mediare i pensieri e collaudare un nuovo assetto del mondo, che permetta all’arte di sopravvivere nella pienezza di tutta la sua volontà di potenza.

Credo che l’arte sia una forma di resistenza al caos, una visione di bellezza possibile, una base per stanziare le incertezze incuneate dalle perdite dei punti di riferimento e delle tradizioni.

La mia eredità spirituale, tratta dal mio stesso vissuto, mi porta a pensare che l’idealismo dell’unione artistica e della convivenza felice fra più forme d’arte, non sia un’utopia, un dogma, ma una costruzione. L’unione artistica è, per me, “un castello senza mura” dove i protagonisti, liberamente, si uniscono per costruire nuove correnti e teorie artistiche volte a restituire un senso al proprio tempo.

I sogni degli artisti sono intrisi di pensieri poetanti, spesso chi non comprende, li vede distanti, vagabondare fra le nuvole ed erranti fra le stelle… è innegabile! Perché è così! Perché la gioia superiore per gli artisti è la poesia della vita, perfino quando sono tristi e rinunciatari, gli artisti trovano i binari per affermare ancora e nel sempre un grande “sì” alla vita. Per quello, anteriormente detto, credo che gli artisti debbano trovare i binari per unirsi, così da rendere più agevole il proprio viaggio.

Un festival che unisce gli artisti ha insito in sé una visione prospettica, che si pone non come fine a se stessa, ma come ponte, come passaggio per sentire che l’unione è una promessa di nuova vita. Così tramite l’unione il “possibile” fa il suo eterno ritorno, saltando oltre a quello che in tanti credono “utopia”.

Questo festival si pone come un piccolo tentativo di recupero dell’aspetto conviviale dell’arte nell’immaginario collettivo. È un tentativo lucido di dissolvere le sovrastrutture ingabbiate, poste da quest’epoca dominata da una crisi di valori gravissima, dove ognuno pensa per se stesso. Se, insieme, riusciremo nei nostri tentativi di legare la parola all’emozione e alla gestualità, concedendo le nostre passioni a un pubblico, che partecipa in modo attivo; se, insieme, noi e il pubblico diverremo protagonisti di questo evento, allora potremo dire che il Festival è riuscito. Potremo dire che non ci siamo limitati alla poesia, alla narrativa, alla musica e alla teatralità del racconto, ma abbiamo trasferito un po’ di noi, insieme alle nostre performance.

Tutti gli artisti hanno l’esigenza di farsi leggere, capire, magari anche da fasce di pubblico che non conoscono. Per tale motivo, anche noi sentiamo che sia fondamentale creare un rapport (relazione segnata dall’armonia, dall’allineamento e dal feeling fra due o più interlocutori, volta a consolidare la sintonia facilitando l’ascolto, l’osservazione e l’attenzione.), per suscitare nel pubblico sorpresa e interesse. Quindi, ciascuno di noi è consapevole quanto sia importante una programmazione neurolinguistica, per portare il proprio messaggio in termini visivi, auditivi e cinestesici. Qualunque sia il sistema di rappresentazione della nostra proposta, il proposito è quello di creare delle ancore per rendere efficace e piacevole il nostro intervento, calibrando, entro certi limiti, il feedback con il pubblico.

Al di là delle regole, ognuno ha le proprie idiosincrasie: sceglie di evidenziare le frasi come meglio crede, cercando di veicolare una carica emotiva nel messaggio, servendosi di pause, valorizzando la propria pronuncia, attraverso l’intonazione. Si potrà così assistere, durante il Festival, a registri diversi, in cui ciascun artista userà la propria esperienza, pronunciando a diverse altezze i propri fonemi, con enfasi diverse.

In un festival, è impossibile prevedere i destinatari, quindi gli artisti oltre che della loro performance, devono preoccuparsi di osservare le manifestazioni fisiche ed emotive degli spettatori, per creare un’autentica interazione. Per tale motivo noi abbiamo preparato delle sorprese e un repertorio di azioni e domande volte a coinvolgere i presenti.

I meccanismi percettivi prevedono degli schemi logici, psicologici ed emotivi per nulla semplici, come non è affatto semplice coinvolgere i destinatari a livello inconscio, pertanto con la giusta carica emotiva, ciascun artista si metterà in gioco, per dare alla parola una forma, un suono e cercare di trasmettere sensazioni.

L’arte contemporanea per essere assimilata, deve creare connessioni fra diverse forme d’arte, altrimenti gli artisti divengono perle sciolte di una collana, perdono il loro valore di crescita tramite la relazione, e sono guidati unicamente dall’individualismo. Credo che gli artisti siano dilettanti per tutta la vita e credo che, questo dilettantismo sia la chiave per abbracciare nuove conoscenze.

L’arte è voglia di avventura respirata, è, anche, inseguimento di mondi sconosciuti, un dinamico movimento di scoperta… l’arte è un campo d’indagine della vera natura dell’uomo, della sua essenza, ma è anche un quadro particolareggiato del corpo territoriale in cui l’uomo è immerso…

“Insieme, si può!”

E insieme Claudia Saba, Lucia Marradi, Benedetta Tosi, Miriam Bruni, Serena Vestene, Yuleisy Cruz Lezcano, Edoardo Michelozzi, Francesco Carpentieri, Maurizio Sodano
Vi aspettiamo il giorno 18 marzo 2018 alle ore 17,00 nella Sala Blu del Comune di Signa (Firenze) in via Degli Alberti numero 11.

Se chi regge la terra è il cielo; chi regge la bellezza e la sua rappresentazione creativa è la mano dell’uomo, pertanto tante mani di diversi uomini, insieme, possono reggere la bellezza del cielo, così come quella della terra.

Yuleisy Cruz Lezcano

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