ArteInterviste

Intervista a Paolo Signore

Contrasti Armonici Contemporaneisti

Mostra personale di

Paolo Signore

a cura di

Francesca Callipari

Vernissage 13 Giugno ore 18:00

Dal 12 al 19 Giugno 2017

Lunedì-Sabato 15:30 -18:30

Galleria Spazioporpora

Via N.A. Porpora 16 Milano

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Potrei dire che il mio percorso artistico nasce per caso.

Avevano regalato una cassetta di colori a olio a mia figlia per il compleanno e ho voluto giocarci.

Da giovane ero un fumettista e disegnavo soprattutto in bianco e nero.

Non conoscevo l’olio, ma quella volta ho preso una tavola che avevo a disposizione a casa e ho iniziato a provare i colori.

E’ venuto fuori “Spazio profondo”, uno dei quadri più apprezzati.

Da quel momento non ho più smesso di dipingere.

E’ stato come un colpo di fulmine.

Soprattutto con i colori a olio, così caldi, forti, pieni di espressività e di capacità di mutamento.

E poi l’olio mi costringe ad andare piano nei tempi di realizzo.

Un elogio alla lentezza in un mondo convulso.

In questo modo peraltro si dà al quadro il tempo di “maturare in te”.

Successivamente, visto che le opere avevano un certo gradimento, ho iniziato anche ad esporre, a farmi un curriculum artistico, a rilasciare interviste e curare delle pubblicazioni specifiche.

Non sono un professionista del settore, non “faccio” l’artista, vivo facendo altro, ma si tratta ormai di una parte essenziale del mio “essere”.

Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Un episodio che ricordo risale a qualche tempo prima che iniziassi a dipingere in maniera sistematica.

Ero al Metropolitan Museum di New York, entro nella sala-Van Gogh e rimango colpito dalla luce e dal colore.

Sarei rimasto lì per ore e ore.

Poi mi avvicino al quadro “Il vaso di iris” e vedo – potrei dire probabilmente in piena sindrome di Stendhal – i fiori muoversi.

Sono certo che quell’evento, in modo inconscio, ha rimesso l’arte all’ordine del giorno della mia mente.

Anche se il cervello se ne è accorto un po’ dopo.

All’inizio del mio percorso, mi hanno aiutato soprattutto il professor Claudio Zambianchi, che mi ha omaggiato scrivendo l’introduzione al mio catalogo, colpito probabilmente dal coraggioso entusiasmo di un “maturo Signore” proiettato senza riserve nell’arte; la mia insegnante d’arte Silvia Valeri; Isolina Mariotti che mi ha richiesto la prima intervista; Francesca Callipari, la mia art curator che mi sopporta e sostiene.

Per quanto riguarda gli artisti che mi hanno influenzato l’arte mi piace talmente che trovo ispirazione in grandi maestri anche molto diversi per epoca, sensbilità e tecniche, da Caravaggio a Keith Haring, da Chagall a Bosch, da Boccioni a Nolde, da Picasso a Soutine.

Cerco di non limitarmi e di sperimentare in continuazione, mescolando i generi e gli approcci come meglio viene e mi va.

Cosa cerchi attraverso la forma d’arte che utilizzi?

Credo che la pulsione a dipingere, a fare arte, abbia tante funzioni.

Ognuno di noi, che sia produttore di arte o che ne sia fruitore, trova qualcosa di sé nell’arte, la sua ragion d’essere, il suo piacere.

Nel mio caso, in particolare, è innanzitutto un desiderio di creazione, questo il bisogno che avverto e cerco di soddisfare.

Produrre qualcosa che prima non esisteva: dare vita ad un oggetto estetico.

In secondo luogo è un impellente desiderio di “espressione del sé” in senso lato, delle proprie idee, emozioni, ma anche del proprio inconscio.

Un bisogno di conoscere sè stessi esternando quello che si ha dentro senza mediazioni, in ultima istanza la necessità di esprimersi.

In terzo luogo credo che il desiderio di fare arte sia dovuto alla ricerca di un contatto con la dimensione trascendente dell’essere umano.

Qualcosa che si tocca grazie alle grandi fedi, come potrebbe essere quella religiosa o politica, per corrispondere all’esigenza di essere in collegamento e possibilmente in armonia con quello che alcuni chiamano l’essere, il cosmo, o qualcosa di originario.

In ultima istanza credo ci sia anche la necessità di emozionarsi ed emozionare, di avere un luogo franco dove viaggiare, liberi da condizionamenti, ricevendo e trasmettendo emozioni.

C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?

Ti ringrazio per la domanda, che mi dà spunto per parlare del titolo della mia personale che tra pochi giorni aprirà a Milano, presso la galleria Spazio Porpora: “Contrasti armonici contemporaneisti”.

Un titolo forse criptico, che però centra il mio modo di fare e vivere l’arte.

In tutti i miei filoni di produzione artistica (dall’astratto al figurativo, fino al bianco e nero) si ritrovano grandi contrasti tra luce e ombra, tra bianco e nero, frizioni di colore e di forme, che a volte producono una armonia che, a mio avviso, restituisce l’emozione di bellezza.

L’armonia nel contrasto è un ossimoro, può sembrare un paradosso ma in realtà non lo è.

Monet disse: “in una figura cercate la grande luce e la grande ombra, il resto verrà da sé”.

Una espressione in cui mi ritrovo e riconosco.

In fondo la vita cos’è se non un insieme di luci e ombre, di salite e discese, di spazi pieni e vuoti.

L’importante è che il rapporto e la danza tra queste parti produca infine una armonia, un benessere, un senso, anche a volte paradossale, apparentemente non logico, ma un significato per cui valga la pena vivere.

Quindi fare arte con contrasti armonici è un po’ come “fare vita”.

Anche per questo parlo di “contemporaneismo”: una concezione dell’arte in sintonia con questo mondo contemporaneo così contraddittorio, complicato, pieno di contrasti appunto e spesso tutt’altro che armonici, dove non ci sono più certezze e ogni cosa va rinegoziata faticosamente da capo.

Un mondo che ci fa paura e per tale motivo spesso viene rifiutato e produce un senso un po’ nichilista del vivere, una nostalgia di tempi passati (quali peraltro?) e a volte una rinuncia o una resistenza a vivere pienamente e con gioia il presente.

Forse sarebbe stato più facile vivere negli anni ‘50 dove era tutto chiaro e nitido: l’est e l’ovest, il nord e il sud, i buoni e i cattivi, la crescita all’orizzonte.

Ora è più difficile, confuso, ma anche per questo l’arte può svolgere una funzione nel prendere atto di una realtà variegata che con i nostri apparati concettuali e ideologici a disposizione ci sfugge, ci disorienta e che inconsciamente e a volte pregiudizialmente rifiutiamo e neghiamo.

Cerchiamo sempre di catalogare e di giudicare tutto, abbiamo bisogno di fare rapida chiarezza e ritrovare stabilità, equilibrio e controllo.

Un modo per rassicurarci e consolarci di una realtà indubbiamente dura e a volte inconcepibile e sconcertante.

C’è bisogno di prendere atto che il mondo è cambiato e non è più come ce lo aspettavamo e, con coraggio, affrontare questa realtà, anche mettendo in discussione le nostre convinzioni più profonde.

E cosa di meglio dell’arte per fare una operazione così complessa? Cosa meglio del linguaggio dell’arte, che può arrivare a toccare corde nascoste, inaccessibili e inarrivabili con altri strumenti?

Scherzando, si potrebbe invitare tutti a diventare “artisti contemporaneisti” visionari coraggiosi di una nuova prospettiva che ama la nostra epoca anche nel paradosso e nello spaesamento che ora ci produce e disorienta.

Nella speranza e con la fiducia che prima o poi, come specie umana, riusciremo a trovare un nuovo equilibrio nel caos.

Qual è il tuo rapporto con il mercato?

Bisogna vedere cosa si intende per “mercato”.

Vendere si vende poco e in modo occasionale. Una difficoltà che riguarda un pò tutti gli artisti, anche quelli più accreditati.

Nel mondo dell’arte ho incontrato persone e situazioni diverse, alcune buone, altre meno, altre ancora direi negative.

Alcuni si approfittano della passione e ingenuità degli artisti, altri organizzano premi e iniziative dove spesso vincono quelli che fanno parte di un giro.

Un po’ in tutti i settori le cose vanno così e anche l’ambiente artistico non ne resta immune.

Ho trovato però anche tante persone sinceramente appassionate all’arte, curatori devoti al bello, galleristi affezionati alla qualità del loro lavoro, tanti individui sinceramente curiosi e, soprattutto, mi sono confrontato con tanti artisti pieni di voglia di fare, innamorati del loro impegno e passione artistica che perseguono senza troppi interrogativi, anche senza gratificazioni economiche né altri tipi di ritorno.

Un mondo popolato di individui di ogni genere che sprigiona una energia sociale che andrebbe protetta, incoraggiata, sostenuta e aiutata ad emergere perché oggi, più che mai, c’è tanto bisogno di d’arte.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

Se capisco cosa intendi per vivere d’arte, io non mi mantengo grazie all’arte.

Quindi non sono particolarmente bravo a rispondere.

A occhio e croce però direi di non pensarci, di non preoccuparsene, ma, piuttosto di occuparsi e dedicarsi a creare, a sperimentare e vivere il bello.

Come diceva Jobs “se vi preoccupate del ritorno economico non sarete mai creativi”, o qualcosa di questo tipo.

Ora c’è il primato del tecnologico, per cui molti sostengono che il futuro sarà assicurato solo se ci si dedica a studi di alta scientificità o qualcosa di simile.

In parte può essere condivisibile, ma non completamente.

In realtà di certezze sul futuro e su cosa convenga investire non ce ne sono in nessun senso e settore.

Forse solo su una cosa si può continuare a puntare sempre: la propria creatività, innovatività e in questo un artista può fare molto.

Il mio orgoglio artistico mi fa sostenere che un artista ha una chance in più se ha coraggio, pazienza, tenacia, audacia e forza per sperimentare e non accontentarsi.

Per quanto riguarda la mia esperienza, io appena trovo qualcosa che “funziona e mi convince” faccio qualche opera in quella direzione, di quel genere.

Poi, dopo poco, cambio di nuovo e vado oltre.

Non mi fermo mai su ciò che funziona, tento sempre strade nuove. In poche parole: la cosa fondamentale è evolvere e non fossilizzarsi su posizioni acquisite.

Pagina: https://www.facebook.com/paolosignorequadriedisegni/

Profilo: https://www.facebook.com/alessio.artesi

Francesco Cogoni.

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