ArteInterviste

Intervista a Josè Van Roy Dalì

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico, anche se lo considero più un egoistico esperimento multicromatico, rinasce ogniqualvolta decido di giocare con i colori.

E naturalmente tutto ha avuto inizio con la voglia di scimmiottare indegnamente mio padre, anche se scherzosamente, in una delle mie prime autobiografie, forse per farmi coraggio e per giustificare il mio ardire, ho asserito di aver cominciato a dipingere ancor prima di nascere, ispirato dalle iridescenze luminose della placenta di mia madre.

Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo operare?

In un certo senso, credo tutte le persone che ho incontrato nel corso della mia vita e quasi tutti gli episodi vissuti in prima persona, che nemmeno un corposo volume riuscirebbe a contenere.

E paradossalmente gli effetti più sorprendenti e di notevole impatto emozionale, sono derivati dalle persone più comuni che ben poco avevano a che fare con l’arte e con il cosiddetto ambiente artistico.

Cosa cerchi attraverso la forma d’arte che utilizzi?

Penso sinceramente di non cercare alcunché, ritenendo ogni mio decoroso impatto pittorico una specie di viaggio allegorico, orientato verso un surrealismo quasi infantile: un semplice tentativo di illustrare sogni reconditi da condividere con quella porzione di pubblico benevolo, costituito da pochi amici con i quali scoprire e valutare eventuali affinità.

C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?

In genere non amo parlare di ciò che ho già dipinto. Sarebbe come “confessare” una qualche lacuna nel lavoro svolto, che immagino non debba avere bisogno di un supporto esplicativo critico per essere compreso e che oltretutto vanificherebbe di fatto il risultato comunicativo autonomo.

Credo di aver creato, nel mio piccolo, una forma di surrealismo essenziale e nel contempo più comprensibile, che mi preservi da ogni eventuale responsabilità verso i fruitori finali delle immagini. Il massimo della garanzia per un grande egoista come me.

Qual’è il tuo rapporto con il mercato?

Per libera scelta non ho alcun rapporto con il genere di mercato che prevale oggi, poiché lo ritengo gestito proprio da coloro (tra i sopravvissuti) cui si riferiva a suo tempo il critico Giulio Carlo Argan nell’asserire laconicamente : ” l’arte è morta e sepolta”…probabilmente in riferimento a quel genere di arte che anche lui aveva in qualche modo contribuito ad affossare e che oggi, a distanza di tempo, qualcuno sta tentando, per il bene comune, di far risuscitare.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

Prima di tutto di cambiare paese ed espatriare verso quei rari luoghi in cui l’arte e gli artisti sono più rispettati, ben accolti e sostenuti materialmente, indipendentemente dalla loro ideologia politica e/o tendenza artistica o tessera di partito.

Purtroppo ormai in questo bel paese, che in tempi meno sospetti lo scrittore internazionale Graham Greene già etichettava senza mezzi termini con:” Italia uguale a mafia”, le condizioni generali stanno precipitando drasticamente in merito alla incolumità individuale e, nell’immediato futuro, potrebbe diventare sempre più difficile potersi recare con serenità in qualche galleria per il rischio di eventuali aggressioni terroristiche.

Profilo: https://www.facebook.com/jose.dali?lst=100003490378080%3A1512954826%3A1497685796

Francesco Cogoni.

 

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