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Intervista a Davide Catinari (Dorian Gray)

Quando e come nasce il tuo percorso artistico-musicale?

La mia collocazione anagrafica fa sì che gli anni settanta siano stati quelli dell’adolescenza, con particolare riferimento al 1977, l’anno zero da cui tutto è ripartito e che , in un certo senso, ha trasformato  la musica,  così come il teatro, la politica, il costume, la vita quotidiana.

L’esplosione del punk ha innescato dei cambiamenti i cui effetti sono visibili ancora oggi, perché ha ridato valore all’esperienza del limite, ciò che si chiama mettersi in gioco, senza difese e senza barriere.

Le vittime di quella rivoluzione furono certamente tutte le espressioni culturali legate all’establishment, accettate dalla stampa e dai media, come se la gioventù fosse solo una fase di preparazione a una vita indirizzata verso matrimonio, famiglia, lavoro e non una condizione mentale per opporsi a tutto quello che sembrava accettabile perché inquadrabile nella prospettiva di una comoda esistenza borghese. Io vengo da lì, come tanti miei coetanei stufi di non avere un futuro che non fosse quello disegnato dai propri genitori, rivendicando il diritto di sbagliare in prima persona e di ascoltare la propria musica.

Se devo qualcosa ai Sex Pistols si tratta esattamente di questo, di avermi dato il coraggio di essere me stesso e non quello che gli altri si aspettavano che fossi.

Quali persone, musicisti e episodi influenzano maggiormente il tuo lavoro?

Joseph Conrad diceva “come faccio a spiegare a mia moglie che anche quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando ?”.

Credo che questa frase riassuma bene quello che mi influenza di più quando scrivo o compongo musica.

Il lavoro intellettuale è soprattutto osservare, conoscere, spingersi in profondità.

Cosa cerchi dalla musica e cosa vuoi dare attraverso lei?

Credo di essere ancora in debito con la musica e quindi sto cercando ancora qualcosa con cui ripagarla.

E’ una situazione non facile, perché non potrò mai smettere di amarla.

C’è una parte della tua ricerca musicale di cui vorresti parlare in particolare?

Il percorso dei Dorian Gray dimostra che non bisogna mai sedersi sulle certezze ma alimentare una sana vertigine legata al mettersi in discussione ogni volta che sembra di aver raggiunto uno standard accettabile.

In sette album non ci siamo mai ripetuti, nel senso che da “Shamano” a “Moonage Mantra” sono cambiati i suoni, le persone, gli strumenti, gli scenari, attorno a un’idea di musica che sfidasse la ripetizione, la ciclicità, le abitudini.

Se fare musica significa anche fare ricerca credo che un nostro piccolo contributo alla causa ci sia stato e ritengo che continuerà ad essere così anche nel futuro.

Qual è il tuo rapporto con le case discografiche e che possibilità ci sono di emergere?

Oggi quasi tutti sono i discografici di se stessi, non so neanche dirti se esista ancora una discografia, intesa come struttura di produzione musicale destinata a un mercato.

La digitalizzazione da un lato e i talent show dall’altro hanno reso inutili le etichette discografiche così come le abbiamo sempre conosciute, perché la delega data al web e alla televisione ha ridotto quasi del tutto l’esistenza di queste strutture.

Paradossalmente il futuro della musica in senso artistico è nella mani delle piccole etichette di genere, consacrate a un pubblico di nicchia, piuttosto che in quelle delle majors , che continueranno a imporre un sistema basato sullo sfruttamento del pubblico più giovane, sia perché è il più indifeso e il meno strutturato, sia perché è privo di una memoria storica che lo aiuti a capire cosa sia effettivamente una novità e cosa no.

Voglio dire che si moltiplicheranno i fenomeni creati dalle majors e che questi dureranno sempre meno, perché i ritmi di obsolescenza di questi giovani artisti saranno sempre più veloci e perché i suddetti artisti saranno sempre più simili al pubblico al quale si rivolgono.

La musica sarà un’industria come tante altre e smetterà di avere un ruolo sociale, servirà solo a ottenere il consenso delle fasce più giovani e contribuirà a creare il loro gusto per renderle più controllabili, eliminando alla fonte il sentimento di ribellione tipico delle dinamiche generazionali, che dal conflitto fra vecchio e nuovo traggono linfa per costruire un futuro in cui le emozioni contino più dei click. 

Cosa consiglieresti ad un musicista che vorrebbe vivere di quest’arte?

Di mettersi sempre in gioco e di non rispettare alcuna regola imposta. Di essere se stesso e di non cercare mai di essere qualcun altro. Di coltivare le emozioni piuttosto che la tecnica. Di riuscire a comunicare quello che nasconde nel cuore, senza mai vergognarsi.

sito: www.doriangraymc.com

FB: https://www.facebook.com/doriangraymc

Francesco Cogoni.

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One thought on “Intervista a Davide Catinari (Dorian Gray)

  • Bello leggere delle parole che parlano al cuore e che invitano ad essere se stessi. Grazie Davide…

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