ArteInterviste

Intervista a Tiziana Contu

 

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

E’ difficile rispondere a questa domanda.

Dovrei dire che tutto inizia dall’infanzia.

Figlia di artigiani, ne ho acquisito geneticamente la manualità e col tempo ho imparato a “fare arte” per gioco (Io giocavo e ad un certo punto incominciarono a chiamarla arte, diceva Maria Lai).

Questa mia ultima fase creativa inizia col fortunato incontro col Maestro tessitore Paolo Marras che mi ha insegnato a tessere e poi con l’incontro del, cosiddetto, libro che cambia la vita: Il filo del pensiero di Francesca Rigotti, che mi ha fatto scoprire e mi ha introdotta alla filosofia dei fili come strumento d’espressione e condivisione.

Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo percorso?

Come ho già detto, il Maestro Paolo Marras e la filosofia di Francesca Rigotti.

Ma, io mi sento come una spugna.

Sono, per natura, curiosa della vita.

Assorbo in continuazione tutto ciò che mi trasmette emozione, per cui anche uno spettacolo teatrale, una musica, possono determinare il mio percorso e le sue deviazioni.

Cosa cerchi attraverso la forma d’arte che utilizzi?

Cerco di toccare il cuore di chi le guarda.

Esprimo catarticamente le mie emozioni, i miei sentimenti.

Ma, pare che le mie opere parlino a molti.  

Alle mie mostre si ride, si piange e sempre si riflette su se stessi e sul mondo, spesso con ironia.

C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?

Sono costantemente alla ricerca di qualcosa che mi permetta di comunicare.

Nutro una curiosità senza limiti per le tecniche, i materiali, di cui sono ghiotta.

Si, comunicare.

Infatti, le mie gabbie aperte e le mie scatole scoperchiate sono recinti di protezione e non di chiusura.   

In quest’ultimo periodo sono affascinata dai collage e sto lavorando in tal senso, senza allontanarmi dall’aspetto ironico e spesso paradossale che mi piace ricercare nell’arte come nella vita.  

Nell’imminente ho anche un obiettivo pratico: imparare a realizzare da me le “gabbiette” in filo di ferro… tagliare, saldare e smettere di tormentare il fabbro Oscar Argiolas, che con tanta pazienza si presta a seguire le mie esigenze creative.

Qual è il tuo rapporto con il mercato?

Col mercato ho un rapporto conflittuale, vendo i miei lavori e patisco nell’elaborazione del distacco.

Bisognerebbe sempre avere affianco chi si occupa del “mercato”.

Un’artista non può essere mercante di se stesso, o meglio delle sue creature.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

In questo campo non posso dare consigli.

Non ho mai avuto il coraggio di lasciare il mio impiego d’ufficio, che ho ridotto a part time, convinta che in una città come Cagliari non si possa vivere unicamente d’arte.

Ironicamente dico sempre che per mangiare lavoro in banca, per vivere faccio l’artista.


Ecco i contatti:
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