Interviste

INTERVISTA A GRACE ZANOTTO

Tra pochi giorni si terrà la prima visione del film “non perdono” di Grace Zanotto e Roberto Marsella nei giorni 18-19-20 marzo 2016 al MACRO, Museo D’Arte Contemporanea Roma Testaccio – Spazio FACTORY La Pelanda Piazza Orazio Giustiniani, 4 Roma All’interno di “Grammelot – Ovvero della contaminazione iconica”

Questo è il trailer:

Come e quando ti sei avvicinata all’arte per la prima volta?

Rubavo cartelli stradali per strada, cercando una direzione di vita. Così incontrai l’arte.

Hai studiato allo IED e all’accademia di Brera, quanto e come queste due realtà hanno influenzato il tuo lavoro?

Ho trascorso la mia infanzia in un laboratorio del legno veneto, i miei primi contatti con la materia nascono nell’artigianato e nel restauro.

La mia carriera artistica ha sempre brillato di voti eccellenti, unica pecca talvolta la condotta anticonvenzionale.

L’approccio progettuale al fare si struttura negli anni di studi di disegno industriale e continua in quelli all’accademia di Brera dove ho seguito i corsi di scultura.

A vent’anni mi sono trasferita a vivere in un negozio dove ho appeso l’insegna “I giochi di Grace”, con la collaborazione di amici artisti la mia casa ha preso il nome di “Famiglia Margini”.

Una casa sempre aperta alle esposizioni artistiche.

Come descriveresti l’ambiente attorno alle gallerie d’arte di Milano?

Estremamente vario, ricco di sfumature nella quali ciascuno può incontrare spunti per un proprio percorso personale.

Super Nanotech Burka. Realizzato in collaborazione con l'artista Nicola Natale e la stilista Paola Scapin. Foto di Max Botticelli
Super Nanotech Burka. Realizzato in collaborazione con l’artista Nicola Natale e la stilista Paola Scapin. Foto di Max Botticelli

Quali culture influenzano maggiormente il tuo lavoro?

Sono spesso incuriosita dalla chiusura del cerchio: mi piace esplorare laddove gli estremi si incontrano.

Sono interessata alla necessità d’espressione che conduce alla creazione di un qualcosa che mette in comunicazione gli esseri viventi.

Le mie ricerche sono un fluire continuo in una tessitura di contaminazioni, dove spesso riprendo dei fili per intrecciarli nuovamente.

Parto dall’accumulo di scarti e oggetti abbandonati, passo poi alle sperimentazioni con semilavorati dell’industria del riciclaggio, per ritrovarmi nel mezzo delle ricerche scientifiche più spinte nell’ambito della fotoluminescenza naturale e da qui alla terra cruda.

La rivoluzione mi calamita come una carica magnetica, dalla primavera verde al Maydan Ucraino, affianco la lotta dei contadini contro i colossi delle multinazionali, mi intrufolo nei retroscena e nelle verità sulle quali le telecamere non accendono le luci dalla comunicazione di massa e provo ad accendere una candela d’arte per non far mai morire la speranza.

L’elemento performativo sembra essere essenziale, come nasce una performance? E tu, come la vivi?

Le idee delle performance che propongo nascono dall’esigenza di rispondere ad uno stato di malessere, personale o sociale, per porvi, in arte, una soluzione positiva.

Come quando in “matrimonio in burka di Aci e Galatea” il sindaco di AciCastello mi sposò con una donna in burka, risolvendo inghippi legali e mitologici allo stesso tempo.

Si può vivere d’arte?

Un’artista non può vivere senza Arte.

"Le donne del Maydan" Polaroid di Alessandra Camera 2013
“Le donne del Maydan” Polaroid di Alessandra Camera 2013

 
Cosa consiglieresti ad un giovane artista costretto a fermarsi e cercarsi un lavoro per sopravvivere?
Ho fatto tesoro di una risposta datami da un operaio: “Il lavoro è dignità”.
D’altra parte mi piace ricordare come il giovane Yves klein lavorasse nel laboratorio di un corniciaio di Londra, con il compito di stendere perfette campiture monocromatiche sulle tele, come fondi.
Dopo due anni così… “Da cosa nasce cosa”.
In merito al video “non perdono”, come nasce la vostra collaborazione e che realtà avete sondato?
Taranto è la perla dello Ionio, la città a mio avviso, più bella delle terre di Puglia.
Come una sposa bambina, Taranto è stata violentata dal credo dell’industria siderurgica e coperta con un velo di smog e cemento.
Dopo la performance “Il giro dell’Ilva in Burka”, dove indossai il SuperDoctorburka*Palestine red Crescent Society e mi affiancò la collaborazione del poeta e attore Luigi Pignatelli nelle vesti del Perdono di Taranto; la sfida per i diritti si riaccende con un nuovo lavoro.
Questa volta un film: “NON PERDONO” Un film di Roberto Marsella e Grace Zanotto Una dimensione ibrida tra video art e reportage, metafora della cura di una ferita ancora aperta Il Non Perdono, difensore del popolo e dei diritti umani che da generazioni sono stati cancellati sotto il benestare delle istituzioni, pone l’accento sulla perpetua convivenza fra la bellezza del territorio, ricco di sedimentazioni culturali ed architettoniche, con il dramma quotidiano di un presente derubato.
Il Non Perdono appare oggi l’eroe che sacrifica se stesso per rendere possibile un nuovo inizio, una bomba per il pensiero, l’esplosione che solleva il velo di smog che copre Taranto.
Il lavoro nasce da un’idea degli artisti Roberto Marsella e Grace Zanotto, in collaborazione con Luigi Pignatelli, fondatore della Hermes Academy e presidente di Arcigay Taranto, e si arricchisce delle testimonianze dell’attivista Daniela Spera, nota per il suo impegno di denuncia del disastro umanitario ed ambientale in atto e della condizione di ricatto vissuta dai cittadini di Taranto; degli ex lavoratori del polo siderurgico Daniele Amati e Ciro Giannotti, che parlano del dietro l’odissea delle cozze, e di Marco D’Errico, vice-presidente WWF Taranto, che svela come le foto in bianco e nero ci ricordino il profumo di un mare che non era nero.
Nati all’ombra delle ciminiere, riscaldati da fumi tossici e cresciuti protetti nel torpore di un’Ilva matrigna.
Nati con una pericolosa mutazione genetica e poi migrati nella diaspora del dolore, incontrano storie simili di genti lontane e tornano uniti con un lavoro che vuole fare da collante fra quanti desiderano il riscatto.
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Francesco Cogoni.
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