Interviste

INTERVISTA A GIOVANNI CORONA

Quando e come nasce il tuo percorso artistico-fotografico?
Come ho sempre ammesso provengo da quella tipologia di persone che non si è mai interessata alla fotografia e ha osservato con stupore e mille domande, per tanto tempo, persone sacrificare (si per me era sacrificare) gran parte del loro tempo, a qualsiasi ora, per fare delle fotografie: all’alba a fotografare insetti o al tramonto a fotografare un paesaggio o star svegli la notte per fotografare cielo e terra.

Non li capivo, eppure non mi sono mai tenuto lontano da apparecchi fotografici (seppur economici ed amatoriali) fino a quando, un giorno imprecisato del 2013, mi ritrovo a fare foto ad un insetto su di un fiore con una compatta.
Decisi di prendere una bridge che ho usato pochissimo e, nel giugno 2014 anche per un guasto della bridge stessa, decisi di passare ad un sistema molto più avanzato, di sperimentare e di iniziare ad imparare.
Oggi ho una visione totalmente diversa dalla mia precedente, capisco la passione e tutto ciò che può esserci dietro un’idea fotografica e mi dispiaccio con me stesso di essere stato così cieco e mentalmente chiuso fino pochi anni fa.
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Anche se non ne ho studiato la storia, da quando ho la passione, Ansel Adams mi ha sempre affascinato: quest’uomo guardiaboschi amante dei paesaggi, con il suo stile, fatto con i pochi mezzi di allora.
Scatto poco in bianco-nero delle situazioni di paesaggio ma, quando lo faccio, cerco di partire da una sua idea di foto senza imitarlo.
Oggigiorno credo ci sia più la tendenza a seguire delle categorie – stili poiché ormai siamo davvero in tantissimi.
Essendo giovine d’ esperienza, un’ Artista contemporaneo poliedrico che mi colpisce davvero è Alberto Ghizzi Panizza, ho avuto modo di poter apprendere delle vere piccole grandi perle anche da Simone Sbaraglia (e, anche se non apprezzo tutto, ho molta stima nella sua filosofia e modo di comporre) mentre, ultimamente, seguo sui social tal March Muench, trovo le sue interpretazioni sempre molto azzeccate ed originali anche se non è conosciutissimo.
Tuttavia non sono quasi per niente legati al mio modo di fotografare, è puro seguito, m’influenzano ma cerco sempre di fare a modo mio.
Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la tua arte?
Di tipologie fotografiche cerco d’interpretarne tante e cerco di giocare molto sulle azioni e sulle impressioni più che sulla vena poetica che spesso, invece, viene utilizzata in tante altre tipologie come può essere la fotografia di ritratto – ritratto ambientale, oppure nella semplice interpretazione di particolari.
Cerco di rappresentare gli insetti in modo curioso, non in modo perfetto o le persone per come sono non per le loro pose (una rappresentazione di ciò può essere il focus stacking della mosca che defeca o sos corrioles che si incornano e uno si fa male, non importa lo sfondo: è il momento che conta e so che difficilmente ri-accadrà).
In fin dei conti, la fotografia stessa, non è solamente quella grande impresa che l’ uomo segue inesorabilmente …
Il fermare il tempo? 
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Sicuramente, fra tutte, la tipologia fotografica che più mi ha dato soddisfazioni è la fotografia di lightpainting da Steelwool.
Essendo una tipologia un pò “stramba”, sicuramente blasonata e molto praticata (specie sempre al solito modo) ho pensato di “adeguarla” ad un progetto di “messa in evidenza” territoriale di edifici abbandonati – reperti archeologici, ma ormai di qualsiasi cosa – simbolo ed anche di persone (ho avuto modo di poterla praticare anche per delle fotografie di fidanzamento – matrimonio).
Insomma molti si limitano a praticare lo steelwool ed a giocarci su con le forme, io invece proprio in questa tipologia mi piace comporre perché ha più senso poiché è tutto l’insieme, effetto compreso, a dover emozionare: fondamentalmente lo steelwool per me è un’evidenziatore per dei determinati soggetti sotto scarsa luce.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Posso dire brutto?
Ahahah in effetti oggi o si è davvero big o non se ne ricava nulla.
La cosa bella della tecnologia è che porta innovazione e permette a tanti di più di poter praticare e proporsi, tuttavia credo che ormai siamo arrivati ad un livello di stasi totale, dovuto specialmente ai social network ed alla facilità di poter osservare – scegliere – scopiazzare e talvolta ahimè scaricare le opere altrui per farne un pò quello che si vuole.
Questo ha ucciso il mercato, forse un pò come l’mp3 ha ucciso la vendita dei cd.
Non credo sia solo una questione di bravura, forse conta di più il sapersi vendere, certamente preferisco fornire una foto qualsiasi solo su richiesta piuttosto che cercare disperatamente di venderla.
Cosa consiglieresti ad artista che vorrebbe vivere di quest’arte?
Di esser consci che non è per niente facile vivere di questa arte e che, anche se redditizia, da sola può non bastare specialmente per la tipologia di fotografia che si vuole proporre.
Ma ancor prima di questo consiglio di non ricercare complimenti, di essere realisti ed obiettivi, meticolosi sul proprio risultato ed aperti al dialogo costruttivo…
a patto che lo sia davvero.
Francesco Cogoni.
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