Interviste

INTERVISTA AD ANTONELLA SALVADORE

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Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Ho cominciato a dipingere che avevo circa 20 anni.

Per almeno 15 anni ho lavorato quotidianamente, in solitudine, senza essere minimamente interessata ad esporre il mio lavoro.

Pura ricerca senza meta.

Ad un certo punto, nel 2002, ho sentito la necessità di guardare fuori e di condividere il mio lavoro.

Quello è stato l’anno della mia prima mostra, a Bologna.

Per molto tempo la mia pittura è stata solo acqua e pigmento.

L’acqua essendo fluida non è completamente controllabile e mi permette di farmi da parte, in modo da consentire che la forma si riveli da sé, come se le mie mani fossero sensori antenne.

Potrei quasi dire che ho impiegato 15 anni di lavoro e solitudine quasi esclusivamente per diventare un canale, un’antenna, in costante contatto con la mia parte più profonda.

Il mio interesse era focalizzato nel far emergere “il vero volto delle cose”, ovvero ciò che sta sotto la maschera sociale degli individui o la loro interpretazione della realtà, determinata dalla griglia culturalmente imposta e assunta passivamente in modo acritico.

In qualche modo il deforme, l’incompiuto, erano uno specchio più lucido e reale della falsa immagine di sé e del mondo che l’individuo proietta costantemente.

Ho lavorato molto in questa direzione, fino al punto in cui ho sentito le mie opere incomplete, statiche, lontane dalla vita che è in continuo movimento.

La necessità del video è nata in quel momento.

Non più il quadro come opera finita, compiuta, traguardo di perfezione, ma il video come testimonianza di un’azione, di una tensione, di un processo.

L’atto segnico in sé, la formazione di un segno e la sua cancellazione o distruzione che diventano opera.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Il mio percorso è stato influenzato da molti artisti.

Bacon, Sutherland, Giacometti, Morlotti, ma la lista potrebbe essere infinita.

Per quanto riguarda la video-animazione direi soprattutto la scuola dell’Europa dell’est.

Forse Piotr Dumala, fra tutti, proprio perché ha trasmesso la tecnica delle cancellazioni, utilizzata anche da Kentridge.

Tecnica che permette di rendere l’animazione fortemente segnica e pittorica.

Cosa cerchi in arte?

Forse quello sto cercando, è soprattutto di dar voce al mistero.

Io la penso come Salvatore Natoli, secondo il quale, in una società secolarizzata come la nostra l’arte debba diventare il sostituto del sacro, sacro inteso non come questa o quella religione, ma come l’esperienza religiosa originaria, ovvero l’esperienza del bello costituito dalla tensione tra tremendo e calma, tra caos e ordine e sintetizzata nella frase : io di fatto sono tremendo e tremo.

E forse quello che mi preme di più, nella mia ricerca è proprio questo.

Questa tensione è presente sia nella tecnica sia nei contenuti.

Anche nel video sono gestuale e istintiva e mi servo della casualità per dare spazio alla genesi di un’opera.

Un mistico come Pavel Florenskij ha scritto che il mondo è pieno di forze, la forza dell’amore, la forza della bellezza, la forza mentale, la forza di gravità, la forza magnetica.

Ma come il magnete rivela la sua forza solo in presenza del ferro, così tutte le altre forze si rivelano solo in presenza di un sensore.

Questo succede nell’arte, nella filosofia, nella scienza, nella tecnica.

E’ come se l’artista sfregasse con la matita sopra a un foglio di carta con un modello postovi sotto. Le immagini vi compaiono da sé. Questa è una concezione oggettiva e realista dell’arte.

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C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Vorrei portare all’attenzione una possibile interpretazione dell’esperienza artistica come esperienza teurgica ( cosa assolutamente nota all’uomo antico e ai “Geni” antichi e recenti)

Qual’è il tuo rapporto con il mercato?

Il mercato.

Diciamo che è importante trovare contesti in cui il lavoro venga pagato.

Pagato il giusto.

Del resto il mondo milionario dell’arte sta collassando su di sé, anche per il semplice fatto che, dopo la crisi, sono sempre troppo pochi quelli che se la possono permettere.

La street art, è un buon esempio.

E’ un’arte viva, che crea interesse e smuove il pensiero delle nuove generazioni, e produce un proprio mercato, fatto anche di persone comuni che possono investire cifre “sostenibili”.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte ?

Che molto più importante del mercato è trovare contesti vivi, dove il livello di scambio con gli altri artisti sia alto, fertile.

Questo è importante.

Questa è l’unica cosa importante.

Del resto gli artisti son sempre stati dei morti di fame, a parte alcune eccezioni.

Il nutrimento e la felicità vengono dal lavoro.

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Francesco Cogoni.

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